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08/12/09

«IO, UN ANNO PER SEPARARMI E SCOPRIRMI LESBICA»

Beatrice racconta i 12 mesi di attesa fra istanza e udienza. «E c'erano ancora 5 giudici. Ora è peggio». Vive con sua figlia e Marta di Il Secolo XIX
«POVERETTI. Sono davvero condannati a non separarsi, qui a Genova. Se io, con una consensuale, ci ho messo un anno dall'istanza alla prima udienza, non oso pensare cosa accadrà adesso, che restano soltanto tre giudici anziché cinque». Sorride dolce Beatrice. Con l'aria di chi ha finalmente raggiunto la serenità. E non soltanto per aver ritrovato «lo stato libero» rimarcato sulla carta d'identità. Ma per aver «capito» qual è la sua strada. Seguendo la sua inclinazione. Beatrice, 40 anni, artista, ora vive con la sua compagna psicologa. E con la figlia che Beatrice ha avuto dall'ex marito, impiegato di banca.

Lui, come l'ha presa? «Non bene. Anzi, proprio male - ammette lei, intrecciando le mani affusolate e curatissime - Prima di sposarci, gli avevo detto che ero bisex. Lui aveva accettato senza problemi. Quando però ho chiesto la separazione, ha iniziato a non capire. A non volere. E ancor meno, poi, ad accettare la mia convivenza con Marta, la mia compagna. La famiglia di lui?». Vorrebbe essere una risata sardonica, ma si scioglie in una smorfia: «Loro non sanno nulla. Ufficialmente. Almeno, così dicono. Non chiedono».

Finito un matrimonio, restano comunque i legami con la famiglia dell'altro. Tanto più se c'è di mezzo una bimba com'è per Beatrice e l'ex marito. «Certo, la bimba vede i nonni e i parenti del padre - conferma l'artista - Ma loro non chiedono nulla. Neppure a lei. Ufficialmente non sanno. O forse, non vogliono sapere...». La bimba, invece, ovviamente sa.

Come ha vissuto la separazione dal padre, seguita da una compagna a fianco della mamma? «Il fatto che fosse piccola è stato d'aiuto - racconta Beatrice - I bambini hanno molti meno filtri di noi. Vivono tutto con estrema naturalezza, come dev'essere. È stata proprio lei a chiedere alla mia compagna di fermarsi qualche volta da noi, la sera. E sempre mia figlia le ha chiesto come mai non venisse a vivere per sempre con noi. Ovviamente, Marta è entrata nella nostra vita in punta dei piedi. Con estrema cautela».

Poi è toccato a lei, la madre, spiegarle che cosa stava succedendo e come sarebbe cambiata la vostra vita. Mica facile. Beatrice non si scompone: «Le ho detto che Marta e sua madre si volevano bene». Però quasi tutti gli altri bambini hanno genitori di sesso differente: un papà e una mamma. Magari con l'aggiunta dei nuovi compagni e compagne, nel caso di separati e famiglie allargate. Non è proprio semplice far digerire la diversità. Come ha tutelato sua figlia? Come ha cercato di evitarle ferite? «È incredibile. Ma é lei stessa a selezionare i suoi amichetti - spiega Beatrice, in un misto di tenerezza e orgoglio per questa sua bimba tutta presa dal difendere la sua inusuale famiglia dal resto del mondo - Lei sta con tutti. Però soltanto con alcuni si confida. Allora poi li invita a casa. E iniziamo a frequentarci con le loro mamme. È tutto molto tranquillo e normale. La societàè assai meno complessa di come la vedano politici e legislatori. La nostra famiglia è stata accettata. Noi non mettiamo manifesti, ma la gente non è scema. Vede e capisce. E non si fa problemi».

La sua famiglia d'origine se n'è fatta qualcuno? Stavolta il sorriso di Beatrice è davvero felice: «Nooo. La mia compagna è stata accolta con estrema naturalezza. Con gioia. Come fosse un'altra figlia. O un'altra sorella». Insomma, un'isola felice. Non le manca proprio nulla? «Il riconoscimento sociale. Per mia figlia. Se mi accadesse qualcosa, perderebbe anche Marta. Non potrebbe restarle accanto».

patrizia albanese

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