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23/10/10

AREZZO: «SIAMO UNA COPPIA DI DONNE GAY E AVREMO UN FIGLIO DA GABRIELE»

Gabriele Viti, disabile che vive a Cortona dove è stato assessore comunale alla cultura, offrì il proprio seme «a tutte le coppie lesbiche che non possono andare all'estero per avere un figlio»
di la Nazione

Sembrava una provocazione senza conseguenze. Un appello destinato a cadere nel vuoto. Ma Gabriele Viti, disabile che vive a Cortona dove è stato assessore comunale alla cultura, faceva sul serio quando parlò della sua volontà di offrire il proprio seme «a tutte le coppie lesbiche che non possono andare all'estero per avere un figlio». A quattro mesi dalla pubblicazione di quell'annuncio sul sito www.vogliamounfiglio.org, qualcuno gli ha risposto. Una coppia di donne, Valeria e Diana (nomi di fantasia per tutelarne la privacy ndr), che stanno insieme da tre anni e hanno un sogno: diventare madri.
Non attraverso la procreazione medicalmente assistita per i limiti imposti in Italia, dalla Legge 40, né con un viaggio della speranza verso centri specializzati europei. Ma semplicemente, secondo natura. Per avere un figlio, non a tutti i costi, ma a costo zero. Valeria e Diana scelgono di rendere pubblica la loro storia. State cercando di avere un figlio «Non lo è, perché un figlio è la cosa più grande e più bella che ci possa essere nella vita di ognuno e quindi speriamo che questo bambino possa venire alla luce prima o poi».
State insieme da di tre anni, quando è nato dentro di voi il desiderio di un figlio e come siete arrivate a Gabriele? «Il desiderio è stato sempre dentro di noi, purtroppo in Italia la legge vieta alle coppie dello stesso sesso l'accesso alla procreazione medicalmente assistita. Ecco perché quando abbiamo letto dell'appello di Gabriele Viti, gli abbiamo scritto una mail e per fortuna ci ha risposto». Avete mai avuto dubbi sul percorso intrapreso? «Sì, qualche volta sì. E' un percorso difficile e quello che ci sta intorno influisce sullo stato d'animo che abbiamo nel portarlo avanti». La disabilità di Gabriele vi ha mai creato problemi? «Nessun pregiudizio, non abbiamo pensato alla disabilità di Gabriele come un handicap o un fattore di rischio per il figlio che speriamo arrivi. Gabriele è sano e non è diverso dagli altri».
Avete mai preso in considerazione con Gabriele l'ipotesi di una sua presenza, seppur limitata, nella vita del bambino? «Ne abbiamo parlato diverse volte. E' una soluzione che valuteremo quando poi sarà il momento». Vi spaventa l'idea che un figlio possa voler sapere chi è il padre? E in quel caso glielo direste? «Abbiamo le spalle larghe e sapremo dargli le giuste indicazioni e tutto l'amore che serve ad un bambino,. Dirgli di Gabriele? Non sappiamo. Forse quando sarà grande, oltre la maggiore età, riaffronteremo l'argomento, valuteremo questa opportunità». Molte coppie di donne, per avere un figlio hanno scelto di andare all'estero. Perché voi no? «Non abbiamo preso in considerazione l'ipotesi di andare all'estero, anche se ci siamo molto documentate al riguardo, perché è una strada lunga e i costi per noi sono proibitivi. Siamo state più fortunate di altri perché grazie alla generosità di Gabriele, non abbiamo dovuto rinunciare al nostro desiderio di maternità e stiamo provando a realizzare il nostro sogno».

14/10/10

Il farmaco è maschio, lei rischia effetti diversi

Le medicine sono quasi sempre a misura di uomo, perché testati soprattutto su maschi. La "discriminazione" inizia già in fase preclinica dei test, cioé quando si sperimenta la molecola sulle cavie, quasi sempre di sesso maschile.
E i risultati si vedono: le donne hanno quasi il doppio di eventi avversi da farmaci rispetto ai maschi, e spesso si tratta di eventi avversi più gravi. E' quanto riferito da Flavia Franconi, docente del Dipartimento di Scienze del Farmaco all'Università di Sassari, intervenuta a Parigi al meeting Gender, Science e technology, indetto dall'Onu e dall'Unesco per discutere il problema delle tante 'discriminazioni' di genere nascoste nella vita quotidiana e delle loro ricadute sulla salute della donna.
"Il problema dei test sui farmaci è di lunga data, spiega Franconi: il fatto è che le cavie femmine sono più 'scomode' da usare perché avendo il ciclo estrale obbligano ad inserire più variabili nell'esperimento. Inoltre, anche quando usate, le cavie femmine sono prese troppo giovani, quando cioé non hanno mai avuto una gravidanza; ma questo, sottolinea Franconi, cambia tutto perché i farmaci, mediamente, sono prescritti soprattutto a donne adulte che hanno già avuto figli e la "tempesta ormonale" che si verifica in seguito a una gravidanza modifica molto l'organismo femminile e la sua risposta ai farmaci".
Anche nelle sperimentazioni cliniche non va meglio, anche se un parziale miglioramento c'é stato: tra i volontari arruolati in fase I e II solo il 30% è donna; per l'ultima fase sperimentale, fase III, siamo giunti oggi quasi a un pareggio uomo/donna tra i volontari, tranne che per alcuni farmaci come i cardiovascolari.
"La più dimenticata resta la donna anziana - spiega Franconi - soprattutto se assume terapie ormonali che possono interferire con altri farmaci". E poi anche la donna fertile che prende anticoncezionali (il 30% delle donne usa la pillola): i farmaci in commercio per varie indicazioni non sono testati studiando eventuali interazioni con l'anticoncezionale che, invece, influisce sul metabolismo di altre medicine.
Non a caso la donna va incontro a quasi il doppio degli effetti avversi da farmaci rispetto all'uomo, e si tratta di eventi in media più gravi. E poi c'é il problema delle dosi di farmaco, studiate su un uomo di 70 chili, ma la donna pesa anche molto meno. E addirittura già in età pediatrica gli effetti di un farmaco differiscono per sesso.
Il problema è che il corpo maschile metabolizza i farmaci in modo diverso da quello femminile e si suppone che in alcuni casi il farmaco abbia addirittura un meccanismo d'azione diverso nei due sessi. Le donne prendono in media più farmaci rispetto agli uomini, conclude Franconi, è il 'paradosso donna', che vive più a lungo ma si ammala di più. Quindi è bene che non ci siano disparità di sesso ed età nelle sperimentazioni.

Redazione Tiscali