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28/11/09

Volevo i pantaloni

Va in onda sul canale Cult di Sky, in seconda serata, il docu-reality "Uomini nate donne"
È l'ultima frontiera dei docu-reality: quattro donne vivranno sotto l'obettivo delle telecamere il loro processo di "riattribuzione di sesso". Trans che affrontano il bisturi: ne parliamo con un'esperta
Nidia, 28 anni, Serena, 32, Rosanna, 33 e Rosalia, 46enne: sono le quattro protagoniste del docu-reality Uomini nati donna in onda ogni mercoledì, in seconda serata, sul canale Cult di Sky. In procinto di diventare a tutti gli effetti David, Gabriele, Mirko e Davide le/i quattro vivranno sotto l'obiettivo delle telecamere le tappe di questo radicale processo di trasformazione della propria identità di genere, dalla rivelazione alla famiglia, ai primi effetti del testosterone fino alla falloplastica e alla protesi per l’erezione. Un faticoso percorso medico e psicologico per affrontare il quale le quattro ex donne si sono rivolte al Saifip, il Servizio per l’Adeguamento tra identità fisica e identità psichica dell’Ospedale S.Camillo-Forlanini di Roma, dove hanno chiesto la «rettificazione di attribuzione di sesso» secondo quanto prevede la legge italiana che consente questo tipo di interventi, la n.164 del 1982. Del fenomeno, che secondo le statistiche interessa ogni anno decine e decine di italiani operati in diversi centri specializzati, tra i quali quelli di Bologna, Bari e soprattutto Trieste, parliamo con la dott.ssa Anna Rita Ravenna, psicoterapeuta, direttrice didattica dell’Istituto Gestalt di Firenze e supervisore clinico presso il Saifip.
Da donna a uomo e viceversa: qual è il cambiamento di sesso statisticamente più richiesto? C'è un'identità di genere oggi particolarmente sofferta?
La proporzione è di tre uomini a una donna. Premetto che non amo parlare di "maschio" e "femmina". Come dico sempre ai miei pazienti che hanno condotto a termine il processo di cambiamento di sesso, qualora fosse fatto loro un prelievo di sangue e analizzata la provetta, la loro identità di genere non risulterebbe modificata. Preferisco parlare di "adeguamento dello stile di vita" secondo certi stereotipi. Non credo tuttavia si possa parlare del genere maschile come di un'identità di genere più sofferta.
Quindi secondo lei la comparsa e l'evoluzione di questi disturbi non sono legate alle condizioni storico-sociali
No, la letteratura in senso lato - scientifica e non - documenta fin dall'antica Grecia condizioni umane di questo tipo.
Il senso di mancata appartenenza al proprio sesso come e quando si manifesta, in genere?
Questo genere di disagio esistenziale è una condizione che le persone riportano e che si può identificare risalendo alla primissima infanzia, fino ai tre anni di vita. A Londra c'è un Centro per i servizi all'infanzia che osserva comportamenti, atteggiamenti e fantasie che testimoniano il disturbo di identità di genere e che poi in età più adulta emergono anche nel dialogo.

A quale età mediamente si decide il grande passo?
A 28-30 anni. Ma abbiamo avuto anche richieste di intervento precoci da parte di sedicenni, come altre più in là negli anni, a 45 o anche a 60 anni. In genere chi arriva da noi è animato da una forte determinazione.
Come si snoda il processo legale che sfocia nell'intervento?
La domanda di "riattribuzione chirurgica di sesso" va inoltratta al proprio tribunale di residenza. Dopo di che il giudice che la esamina si avvale della consulenza di un esperto. Prima si rivolgeva a un perito nominato dal tribunale o a cattedratici, con grande dispendio per il richiedente, perché la consulenza è tutta a suo carico. Ora, anche se non siamo ancora riusciti a siglare un protocollo d'intesa ufficiale con il tribunale di Roma, abbiamo ottenuto di velocizzare le pratiche facendo sì che la relazione da noi stilata sia sufficiente al giudice, dietro giuramento del responsabile del servizio, per decidere. Alla prima sentenza che dà l'autorizzazione all'intervento chirurgico segue, a operazione effettuata e documentata, una seconda sentenza che avvia le pratiche burocratiche di cambiamento dei dati anagrafici sui documenti.
In cosa consiste il vostro tutoraggio?
Abbiamo uno sportello telefonico aperto due giorni la settimana per informazioni e appuntamenti. In linea generale, noi adeguiamo il protocollo alle esigenze della persona, per cui il percorso è costruito su misura. Dopo una serie di colloqui preliminari (individuali, ma anche eventualmente di coppia o familiari), si giunge a una valutazine tra operatore e richiedente e a un'intesa comune. Possono emergere a questo punto delle valutazioni prioritarie, che consigliano la soluzione, per esempio, di dipendenze, di problematiche personali - magari un'omosessualità mascherata o problematiche genetiche come l'ermafroditismo - prima di proseguire. Superato questo step, si avvia un percorso diagnostico che si conclude con la relazione scritta da presentarsi in tribunale. Se la diagnosi si apre nella direzione richiesta, cioè quella dell'intervento, comincia un percorso psicologico: dal counseling di gruppo al sostegno individuale per l'elaborazione di difficoltà legate a blocchi emozionali pregressi. L'equipe del Saifip in sostanza lavora sempre in sinergia con il servizio di ricostruzione plastica del San Camillo.
Quanti rinunciano o vengono sconsigliati di fare l'intervento?
Quasi tutti arrivano alla meta. Abbiamo pochissimi abbandoni. Anzi, alcuni ricorrono a cliniche private per velocizzare i tempi.
Vi sono casi di pazienti pentiti?
In diciassette anni ne ho riscontrati solo un paio, nessuno dei quali proveniva dal nostro centro però. Uno era un uomo statunitense che era stato donna, poi era tornato in abiti e comportamenti maschili. Ma pareva una persona abbastanza "risolta".
Seguite i pazienti anche dopo l'intervento?
Sì, anche se non abbiamo né tempi né modalità prestabilite. Rispondiamo di volta in volta alle esigenze dei pazienti. Di sicuro offriamo sostegno anche durante gli interventi, soprattutto quelli da donna a uomo, più delicati, numerosi e con frequenti complicanze.
L'identità di genere è a suo parere una realtà prevalentemente psicologica?
Un tema da trattato! La dicotomia mente/corpo è molto presente nella nostra cultura. Io preferisco pensare a un'esistenza incarnata. Il problema della condizione personale, poi, in genere non è tanto nella condizione stessa, quanto nell'incomprensione che si incontra negli altri.
Alla luce di queste pratiche, il concetto di "natura" è da considerarsi tramontato?
Il prof. Felici, con cui collaboro, ama dire: "La natura non sbaglia mai". Sottoscrivo. Il fatto è che ci piace - perché fondamentalmente ci rassicura - pensare che vi sia un modo naturale di esistere che scorra su binari prestabiliti e dia certezze. Ma non è così.

Lorenza Provenzano

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