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22/04/08

La sfilata degli aguzzini


Italia, Magreb o Africa equatoriale non fa alcuna differenza. I padri padroni si annidano a qualunque latitudine. E non esitano ad accanirsi su mogli e figli piccoli alle prese con dificili processi di integrazione nel nostro paese. Uno spaccato della società multietnica veronese che approda sempre più spesso in tribunale.
Tre procedimenti penali, accomunati da un identico filo conduttore, si sono conclusi nella giornata di ieri. Verdetti ovviamente scontati: perchè ad una lunga sequela di soprusi ed angherie, di cui i bambini finiscono per diventare dei veri e propri capri espiatori, non potevano che seguire pesanti condanne. Partiamo dal caso di un marocchino di 54 anni, domiciliato a Ronco all'Adige. Tra il 2003 ed il maggio 2005 ha ripetutamente maltrattato e picchiato moglie e figli distribuendo pugni e schiaffi. In un'occasione avrebbe superato sè stesso versando del caffè caldo sulla testa del bimbo che dormiva, obbligandolo poi a bere birra e a fumare una sigaretta. Il giudice Federica Tondin l'ha condannato a nove mesi di carcere, cancellati però dall'indulto. Una pena virtuale per un imputato tornato nel frattempo sui propri passi. Si è riconciliato con la consorte ed ha ripreso la convivenza. Vicenda in fotocopia quella che vede per protagonista in negativo un altro magrebino, all'epoca residente a Gazzo Veronese. La povera moglie veniva quotidianamente sottoposta ad autentici pestaggi. In un momento di collera, l'ha afferrata per il collo infischiandosene del bimbo che la poveretta portava in grembo. Il 7 ottobre dell'anno scorso ha completato l'opera costringendo la donna ad andarsene da casa soltanto con gli indumenti che indossava ed una coperta. Il gup Enrico Sandrini gli ha rifilato un anno di reclusione con rito abbreviato, senza il beneficio della sospensione condizionale a causa di un precedente analogo.

A completare la sfilata degli aguzzini c'è un nigeriano di 42 anni. Picchiava la consorte e i quattro bambini con le ciabatte, il filo del telefono, il cavo di alimentazione del cellulare e qualunque altro oggetto gli capitasse a tiro. Calci, pugni, tagli ed ematomi hanno rappresentato per cinque lunghi anni il menù quotidiano, condito da sputi, insulti e persino minacce di morte. La Procura gli ha contestato i maltrattamenti, la violazione degli obblighi di assistenza familiare, le lesioni e la calunnia. Lui ha preferito evitare il processo patteggiando un anno ed otto mesi (penasospesa).

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